Il "Galateo" Del Monsignore

“Quando monsignor Giovanni Della Casa nel 1552 decise di scrivere un trattato sulle buone maniere, pensò di fare cosa gradita a colui che gli aveva dato l’idea dedicandogli il titolo dell’opera. E poiché l’ispiratore, il vescovo di Sessa, si chiamava Galeazzo Florimonte, il Della Casa ne latinizzò il nome in Galatheus e da allora, “Galateo” rimase per sempre il nome del libro e del suo contenuto.

Questo trattato potrebbe venire definito come un manuale della convenienza sociale, quale era intesa nel Rinascimento. Il suo scopo non è di raggiungere le vette della pura speculazione filosofica, ma, molto più modestamente, di insegnare ad essere piacevoli.

Il Galateo è un trattato di stile decoroso, utile agli aspiranti cardinali e diplomatici, a cortigiani senza idealità castiglionesche, non inutile a borghesi “onesti”. Non si capisce come spiegare la fortuna davvero singolare incontrata da questo “libretto” nel suo tempo e in seguito, in Italia e in Europa.

Sicuramente c’è una felice intuizione sui gusti e sugli interessi dei futuri lettori, ma soprattutto il Della Casa riesce a porgere un’antologia di luoghi cari alla civiltà rinascimentale: dal culto della bellezza a quello della discrezione, dal senso del piacevole e del costumato al vagheggiamento di un dominio degli istinti, che è quasi signore sugli accadimenti esteriori.

Né infine va trascurata l’aura letteraria che pervade, nelle sue pieghe più nascoste, l’intero trattato. L’opera è una sorta di retrospettiva ragionata, dove vige il principio della convenienza, il consiglio di intonarsi alla circostanza, alle persone, agli ambienti, di non essere mai troppo originali, affettati, di mantenere il senso della misura nel gesto e nella parola, di essere lieti, ma non scomposti, delicati, ma non adulatori ecc.

Il principio classico e rinascimentale del “delectare docendo” induce monsignor Della Casa a scrivere in modo sapido e colloquiale, ricorrendo a facezie e citazioni sorridenti.

L’osservazione sottile, talvolta perfino caricaturale dell’altrui comportamento, induce a consigli ben precisi circa il proprio. Da questo punto di vista questi precetti hanno davvero un valore che trascende il tempo e la stessa grande civiltà che li hanno ispirati.

Il Galateo di monsignor Giovanni Della Casa non è l’unico trattato che si addentri nell’universo delle buone maniere; va infatti a porsi in un campo abbastanza ricco di interesse che è passato attraverso i secoli.”

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