Frutta ibrida in arrivo

Mentre Vinaigrette (con tanti altri amici) rincorre Feste dei Frutti dimenticati e mostre sul medesimo tema, come quella che si terrà a Bologna,in aprile, alla Biblioteca universitaria, i produttori americani, per non lasciare insoddisfatto il povero consumatore “sempre alla ricerca di nuovi sapori e sensazioni” ricerca dopo ricerca, ibridazioni dopo ibridazioni, ottengono il “Pluot”, incrocio tra prugna e albicocca (plum e apricot)l’ “Aprium”, incrocio tra albicocca e prugna (apricot e plum), il “nectaplum”, nettarina incrociata con al prugna (nectarine e plum), il “Peacotum”, fusione di pesca, albicocca e prugna e tante altre varietà. Per carità, se non fossimo aperti al nuovo avremmo ancora a che fare con clave e caverne, l’interrogativo è: ma denaro e ricerche non potrebbero essere indirizzati verso un altrove ugualmente redditizio, per chi punta al fatturato, senza necessariamente intervenire sul “come natura crea?
Chi volesse saperne, comunque, un po’ di più, può leggere Alessandra Farkas (Il corriere della Sera) che scrive:

“Sono gli eredi di pesche noci e mandaranci, l’ultimissima generazione di frutta ibrida progettata a tavolino per ottenere sapori e profumi nuovi per il palato capriccioso di un’America stufa delle solite mele, pere e banane. Il trend ha preso letteralmente piede negli States, diventando in breve tempo un business da 100 milioni di dollari. Finiti perlo più nelle tasche della Zaiger’s Genetics di Modesto, California, che ha brevettato la maggior parte di questi ibridi.
Ma nonostante quel nome ingannevole, non si tratta affatto di prodotti geneticamente modificati. «Sono tutti frutti naturali al cento per cento», spiega il fondatore della compagnia Floyd Zaiger, «Il risultato di successivi e pazienti incroci tra specie diverse». Incroci ripetuti anche per dieci o vent’anni, «Fino a quando il frutto non ha la pelle, il colore, la polpa e il sapore desiderato».
Zaiger ha brevettato oltre 200 nuove varietà di frutta che presto conta di offrire anche sul mercato europeo, Italia inclusa. Dietro il lavoro degli scienziati della frutta come lui c’è anche l’effetto serra che ha costretto gli agricoltori di tutto il mondo ad aggiornare tradizioni agricole spesso vecchie di secoli, per adattarle alla realtà dell’accelerato riscaldamento della terra.«Molti fattori ambientali stanno mutando a causa del
riscaldamento globale», spiega Zaiger. «Le varietà di frutta devono potersi adattare più facilmente a tali trasformazioni». Negli Stati Uniti, ad esempio, il global warming sta causando la ritirata delle colture verso nord, alla ricerca di temperature meno bollenti. Tanto che i climatologi prevedono che di qui alla metà del secolo la cintura del grano nordamericana, con le sue grandi pianure coltivate, arretrerà dal Midwest fino al Canada.
Per il consumatore americano, sempre alla ricerca di nuovi sapori e sensazioni, è una vera manna. Spiega David Karp, critico della rivista «Gourmet magazine», bibbia dei buongustai Usa: «Un tempo i fruttivendoli offrivano tre o quattro varietà di mele, mentre oggi ne hanno almeno venti».
Non sempre i nuovi ibridi sono azzeccati. «Prendi quello ciliegia-prugna», incalza Karp, «E’ come incrociare un alce ad un formichiere. Ti fa rimpiangere la frutta semplice e buona che mangiavi da bambino».
Altrove la ricerca di nuovi gusti guarda invece al passato. In Italia, ad esempio, cresce la tendenza a recuperare la frutta antica, o vintage, oggi coltivata da agricoltori che cercano di riscoprire le varietà pressoché estinte che un tempo finivano sulle tavole dei Medici o dei Granduchi di Toscana.
Una mostra dedicata proprio a questa tendenza sta per essere allestita dall’Accademia Nazionale di Agricoltura e aprirà i battenti in aprile alla biblioteca universitaria di Bologna. A curarla sarà Enrico Baldini, ex docente di agraria all’università del capoluogo emiliano.”
(Alessandra Farkas Il corriere della Sera)

Lascia un commento